Rapporto rata reddito nel prestito: opportunità od ostacolo?

Perché per la concessione di un finanziamento si deve considerare il rapporto rata reddito? Come si calcola e a cosa serve? Sono domande che chiunque si sia avvicinato al mondo dei prestiti si è dovuto porre, dato che questo rapporto condiziona, tanto su un mutuo che su un prestito, le possibilità di vedere la propria richiesta accettata o rifiutata. Facciamo un po’ di chiarezza.

Indice

Come si calcola

Il calcolo del rapporto rata reddito avviene in modo semplice. Nella pratica si fa un rapporto matematico per poter capire in che percentuale la rata del mutuo o del prestito ‘sottrarrà denaro’ al reddito dichiarato (che sappiamo bene non essere necessariamente coincidente con quello percepito per varie ragioni che vedremo più avanti). In poche semplici parole determina la ‘forza’ del debitore nell’affrontare le spese e quindi la sua capacità di essere puntuale nel rimborso delle rate.

In che modo è un indicatore utile?

Per comprendere meglio facciamo subito degli esempi pratici come il caso di una rata che incide o impatta per circa il 20% sul reddito. Questo valore/rapporto sta a indicare che il debitore avrà un restante 80% delle entrate per far fronte ai bisogni propri e della propria famiglia.

uomo che spinge il segno di percentuale

Si fa un calcolo percentuale e non d’importo, perché tendenzialmente si suppone che il livello di vita di una persona che guadagna 2000 euro al mese non sia analogo a quello di una persona che ne guadagna 1000. Nel primo caso (2000 euro) la rata incide per 400 euro al mese, per cui rimangono infatti 1600 euro al mese da spendere, ma è probabile che lo stile di vita condotto sia più ‘costoso’ rispetto a quello di chi guadagna 1000 euro, che avrà una rata di 200 euro e rimanenti 800 euro per ‘vivere’.

E’ davvero tutto così semplice?

Un discorso evidentemente valido solo in astratto e che non può minimamente tutelare l’istituto di credito. Per questa ragione le banche e le finanziarie hanno inserito una serie di correttivi che considerano più nel particolare ‘il livello di costi della vita’ in base a vari tipi di fattori, considerazioni e documenti, tra cui:

  • il numero di persone a carico: una persona single che guadagna 1000 euro al mese ha più capacità di resistenza nel quotidiano rispetto ad una che ne guadagna 2000 ma che ha 4 persone a carico;
  • la capacità di risparmiare mensilmente. Questa può essere facilmente calcolata con l’esibizione dell’estratto conto;
  • l’esposizione debitoria complessiva.

Il calcolo di quest’ultima viene fatto considerando vari aspetti a partire dai costi fissi delle bollette per arrivare ad altri finanziamenti in corso, passando per le spese ricorrenti. Infatti, anche se in cima alla lista ci sono le rate in corso di altri prestiti o di un mutuo, si devono aggiungere anche uscite che sono irrinunciabili come l’affitto, le rate dei condomini e appunto le bollette di varie utenze.

Cosa ‘pensano’ le banche?

Il calcolo della rata rispetto al reddito non può prescindere dal valutare la capacità di rimborso del debitore, in quanto è interesse della banca ottenere la restituzione del prestito senza intoppi. Finanziamenti non pagati da una parte portano ad una lievitazione dei costi per la riscossione (fino a procedure di pignoramento) e dall’altra vanno a gonfiare le voci del passivo dei bilanci.

Tutti questi aspetti spiegano perché le banche e le finanziarie hanno criteri di rigidità spesso molto diversi, con percentuali di tollerabilità dell’impatto della rata sul reddito che variano da un 20% fino a un 50%. Ma attenzione: come vedremo tra poco, mentre il livello minimo viene deciso liberamente dalle varie banche, la legge impone il limite massimo, che è appunto quello del 50%. Tuttavia non è detto che una banca arrivi a tollerare la soglia del 50% in quanto non è obbligata a farlo.

ragazza che guarda salvadanaio

Cosa dice la legge?

Siamo arrivati a questo punto al nodo della faccenda. Come appena detto, la legge non impone alle banche delle soglie standard, fatta eccezione per la cessione del quinto dello stipendio che arriva fino al massimo del 20% (o del 40% se si aggiunge il prestito con delega) e la soglia massima del 50%.

Attenzione questo limite del 50% deve tener presenti anche eventuali pignoramenti, assegni di mantenimento stabiliti dai giudici ecc!

Approfondendo quanto evidenziato in precedenza può sembrare una forzatura il fatto che la legge all’interno di questo gap comunque ampio non intervenga per fornire delle percentuali uguali per tutti. Ciò è dovuto al fatto che la banca in qualità di ‘imprenditore’ deve essere libero di stabilire il livello di rischio di cui si vuole fare carico e quindi determinare anche il tasso che va a remunerare il rischio e creare il margine per il proprio guadagno.

Il rapporto massimo viene in pratica sancito per legge per non danneggiare il debitore che deve essere tutelato non esponendolo a un eccessiva esposizione debitoria. Tra l’altro è difficile che una persona che non è nel campo dei finanziamenti per lavoro, possa comprendere a monte il rischio e le conseguenze di un numero eccessivo di finanziamenti, se non nel presente, nel corso del tempo.

Conclusioni

Il rapporto rata reddito può sembrare coercitivo, a volte inutile o ingiusto dalla parte di chi vede la propria richiesta di prestito o mutuo rifiutata con la motivazione che la percentuale di tolleranza non viene rispettata ma superata. Tuttavia va vissuta proprio come una forma di tutela per entrambe le parti.

Detto questo, in caso di prestito rifiutato da una banca (sia essa Bnl, Intesa Sanpaolo o una Bcc) si ha sempre la possibilità di cercare altrove, ricordando di fare attenzione a chi promette soldi facili, senza considerare questi aspetti. E’ fondamentale a riguardo il rispetto dei tassi massimi indicati periodicamente come tasso soglia di usura dalla Banca d’Italia.